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Fare del bene, perché?
Oggi ho provato a cercare nella mia memoria, chi mi ha insegnato a fare del bene. Intendo le buone azioni, quelle anche piccole, che ti fanno stare bene con te stesso per tutta la giornata. Ho conosciuto gente che ne aveva profondamente bisogno, che doveva fare del bene per stare bene e non riusciva a smettere. Egoistico direste voi. Interessante dicevo io, e comunque non riusciva a sminuirmi il valore di queste azioni. Penso che di drogati così ne vorrei le città piene.
Quando da bambina, mi dicevano di mangiare quello che c’era nel mio piatto, perché i bambini in Africa morivano di fame, non ne capivo il nesso. Proprio non ce la facevo. Continuavo a chiedermi come avrebbe potuto sfamare i bambini africani il fatto che io mi mangiassi tutto quello che c’era nel mio piatto.
Da grande ho compreso il valore del cibo e la necessità di rispettarlo, ma mi sono ripromessa che mai e poi mai avrei detto una cosa del genere alle mie figlie. (questo non vuol dire che io non ne possa dire di ben più stupide o di inutili, ma ogni genitore, sbaglia a modo suo, a prescindere).
In ogni caso, ancora oggi, tutti noi facciamo fatica a capire o semplicemente a fidarci, di chi ci chiede soldi per beneficenza. Ci vengono in mente gli scandali, le truffe e tutto il resto. Sono delle scuse direte voi, che ognuno di noi trova per evitare il fastidio. Quasi come ci fossimo dimenticati dell’effetto benefico che questo tipo di azioni producono.
E mi ricordo di quel viaggio in India con mia madre a 25 anni. Non avevo un soldo e mi struggevo per tutti i mendicanti, vecchi e bambini che mi ballavano intorno. Poi mia madre entrò in una baracca che solo teoricamente avrebbe dovuto essere un bar, dato che la famiglia dentro, sembrava messa molto peggio dei suoi avventori. Entrò, confabulò con l’oste che oscillò la testa per annuire e si mise a pulire. Mia madre andò a fare la spesa e tornò con una quindicina di bambini, apparecchiò, cucinò insieme all’oste e mangiammo tutti insieme, bambini compresi.
A questo punto penserete che sia stata mia madre a insegnarmi a fare del bene. Invece no, mia madre è stato un personaggio che è stato presente nella mia vita solo a tratti e quel viaggio fu veramente il nostro primo viaggio insieme. Le buone azioni me le hanno insegnate i libri, i romanzi della letteratura per ragazzi che mi sono divorata da bambina. Facili, carichi di buonismo ma intensi e chiari. Mi avevano insegnato che le piccole buone azioni sono fondamentali, e che se hai un’occasione per farne una più grande, la devi cogliere. No, non ho sempre avuto il coraggio che ci vuole, e me ne rammarico un po’. La paura di fermarsi, di farsi distrarre dalla propria vita è sempre in agguato. Questo è un mondo strano, difficile da spiegare ai ragazzi e spero sempre che gli autori dei libri dedicati trovino le parole per farlo, se è servito a me servirà anche ad altri. Un mondo dove si può morir di fame in un luogo e in un altro per anoressia. Un mondo dove si può essere uccisi con violenza o dove ci si può togliere la vita con tristezza. Un mondo dove esistono la disperazione per la sopravvivenza e la depressione che ti allontana dalla vita.
Un mondo dove ci sono realtà come Emergency che da 18 anni non si chiede neanche perché lo fa: lo fa e basta. Ed è stato bello sentire le parole serene di Gino Strada l’altra sera, ad una cena organizzata da delle aziende che hanno raccolto fondi per la sua organizzazione. Già, perché le aziende sono fatte di persone, non si deve dimenticare.
Allora mi sono detta che l’iniziativa che sto promuovendo io con gli amici è piccola e banale e che forse avremmo dovuto fare altro. Me lo hanno scritto anche nei commenti… L’iniziativa è SOSBlogger : sta cercando di aiutare dei ristoranti delle zone ultimamente terremotate, organizzando semplicemente delle cene o rilanciando altre proposte di aiuto e beneficenza.
Ci penso, mi sento un po’ bambina con il mio piatto da finire e mi dico che ogni azione riesce a far partire un piccolo circuito positivo, e che ogni azione vale. L’importante è fare.