Mio papà faceva sempre il riso con i piselli, mi ha insegnato lui quando ero piccola e non arrivavo ancora a vedere dentro la pentola a bordi alti senza la sedia sotto i piedi.
Erano i sempre, e soliti anni ’70 e il burro era “Il Male”, mentre i piselli erano sempre e solo surgelati. Una bella pentola, una cipolla bionda tagliata sottile, lasciata appassire nell’olio e poco burro. Poi tostare il riso: mi dicevano che doveva diventare un po’ trasparente, poi un bicchiere di vino da far sfumare, poi il brodo di pollo o di verdura (ma anche il dado era ormai entrato nella nostra vita, ahinoi). Mio padre votava per il partito che sosteneva che il riso si dovesse girare continuamente man mano che si aggiungeva il brodo. Per mantecare, diventava finalmente generoso con il burro. Il parmigiano grattugiato, un po’ in pentola e poi nella formaggera. All’estero ho amato molto i risi lunghi, leggeri e separati uno dall’altro con a fianco gli umidi intensi.
Poi ho incontrato un milanese, l’uomo che amo.
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Il riso mi fa stare bene
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