Arrivare alle Lofoten

Finalmente arrivati, finalmente connessi. Partiti alle 11.20 da Milano, tappa a Copenaghen, dove avrei comprato dalla tazza di design che non ti scotta le dita, alle porcellane, alle calze alla Pippi calzelunghe.
Poi Oslo, poi Bodo con qualche trambusto di volo,e infine partamo alla volta di Svolvaer in mezzo a una bella tempesta di neve. A questo punto sono le 20.30 e buona parte del gruppo comincia ad accusare una leggera stanchezza. La hostess ci sorprende con una nuova destinazione: Leknes, causa troppo vento e furia per atterrare a Svolvaer. Realizziamo che per raggiungere Svolvaer ci vorrà un’altra oretta di bus. Balliamo un po’ come sulle montagne russe e poi atterriamo. Neve, vento che ti porta via, e montagne e mare. Tutto insieme: bellissimo.
Prendiamo il pulmann e arriviamo a destinazione. Sono le 23 e 30, ma l’umore è alto e la fame è profonda. Ci accoglie Anne-Grete, il tepore e la buona cucina:

Stoccafissouna zuppettina calda, salmone con un insalatina mista con germogli e frutti rossi deliziosa, e il tanto atteso stoccafisso con le patate al prezzemolo, le carote e una salsina delicata. Caffè, acquavite e poi nanna nelle nostre casette praticamente tra neve e acqua. Non vedo l’ora di vedere la luce, ma sono troppo stanca per fare l’alba. Buonanotte. Domani si va a pesca di merluzzi, non son cose che capitano tutti i giorni.

Alle isole Lofoten

23.55:Domani si parte. Ho finalmente preparato il trolley e recitato la preghierina perché domani me la facciano imbarcare. Sono stata bravissima: solo felpine tecniche calze da sci, dolcevitini e guantini. Peso 7kg. Non sembro neanche una meridionale del mondo che raggiunge il Polo Artico. Il resto del gruppo: Sandra SalernoAnnamaria SimoniniDavide Oltolini, per farmi preoccupare un po’, ha passato metà mattina a twittare su dimensioni e ripieni valigie, ma io che non ho avuto il tempo di sentirmi in colpa per non aver ancora pensato a nulla (certo, tranne quel bellissimo piumino tecnico viola bellissimo e in saldissimo a cui non ho saputo resistere)

me ne sono fatta un baffo e sono scappata a Firenze per Taste nella bella Stazione Leopolda a curiosare e a salutare amici produttori, giornalisti e blogger…


Adoro gli allestimenti con cui ogni anno Pitti Immagine ci allieta. Perché rendere bella una fiera si può. E le caraffe, i bicchieri colorati di Mario Luca Giusti sono sempre bellissimi. Sono l’unica a possedere una sua caraffa trasparente. Mi sono chiesta perché. Ogni volta che vedo quelle colorate, mi rode. Sissì, mi rode. E poi bicchieri, le bottiglie che sembrano di cristallo sospese sopra gli chef indaffarati.

 

Sempre per aria anche i cappelli da chef di Gandini Foodwear che oltre ai cappelli ha una linea d’abbigliamento elegantissima per chef sia dedicata alle donne che agli uomini. Non vi parlerò stasera di tutte le cosine buonissime che c’erano. Erano troppe, ho sonno e domani parto. Lo farò quando torno, chiaro. In compenso mi sono documentata su stoccafisso e baccalà “Dalla Norvegia con amore da secoli in Italia”. Intanto, se non volete aspettare la mia valigia di stoccafisso, potete, documentarvi su www.fiordisapori.it

 

La ciabatta

Ormai sono tanti gli amici che conoscono la mia passione per il pane e per la farina. Compro la farina da chi la macina, nei negozi di prodotti biologici, in giro per l’Italia… Se mi serve però, non mi faccio troppi problemi e la compro anche al supermercato. Ma controllo sempre una cosa: la data di scadenza; che dev’essere più lontana di almeno sei mesi. Certo il mio sogno nel cassetto sarebbe il mulino in casa. Quest’anno al convegno d’Identità Golose ho sbavato su quello che ha usato per il kamut Simone Salvini, presentato da Lisa Casali di ecocucina.org .Già perché come dicono le persone che si occupano di biodinamica la freschezza dei prodotti è fondamentale. Mi conosco troppo bene, sono fatta così: mi scoccio perché il pane a Milano non mi piace? Imparo a farlo. Non mi convincono le farine? Voglio macinare io i cereali. Poi arriverà un giorno che vorrò seminarlo! Per fortuna mi difendo da me stessa e freno i deliri.
Pochi giorni fa ho provato, su consiglio di un amico che sa quello che fa, Aldo Palaoro senza fare nomi, la farina dei Molini Pivetti di Cento, Ferrara. Che per sbaglio ho detto solo Ferrara su Twitter e mi hanno subito corretto!

La Ciabatta

Ingredienti:
Farina biologica Molini Pivetti 500 gr
Acqua 300 gr
Pasta madre di kamut (regalo di Simone Salvini) 150 gr rinfrescata 8 ore prima
1 cucchiano di sale
1 cucchiaio di malto
Preparazione:
In una ciotola ampia setacciare la farina, aggiungere l’acqua e la pasta madre. intridere la farina con l’acqua e aggiungere il sale e il malto. Impastare bene, spostando la massa su un piano di lavoro.

Lasciare lievitare 3 ore e 1/2 e poi dare la forma. Adagiare su una teglia foderata di carta da forno e lasciare lievitare ancora 1 ora e 1/2. Poi infornare a 250° per 15 minuti e 20 minuti a 200°.
Sfornare e lasciare raffreddare su una gratella.

La farina Pivetti è italiana nella maggior parte della produzione. Ovvio che la farina manitoba è canadese. Ma la qualità è decisamente alta e lascia soddisfatti. Resa, e sapore sono ottimi. 
Ho fatto anche un’altra ricetta con la farina manitoba Molini Pivetti, e con la pasta madre di grano tenero. Ho ridotto leggermente i tempi di lievitazione aggiungendo qualche grammo di lievito di birra. Doppia lievitazione e voilà! Un pane decisamente interessante, bella crosta, bella alveolatura. Era buono, molto. Di notte con burro e marmellata, tostato e farcito per ragazze affamate…
Insomma la qualità è sempre vincente.