Me lo ricordo ancora il sorriso di Marco alla vista della colazione che gli avevi offerto in quella domenica che abbiamo deciso di non dormire sul divano scomodo di mia madre e di fermarci in un B&B, la Cascina Matiot, per andare a trovare le bimbe in campagna.
Toma stagionata, robiola fresca, il tartufo nero che avevi trovato tu nel bosco di noccioli, il pane appena comprato al Boglietto. E la pancetta. E il lardo.
Ti ha amato da subito e la volta dopo ti sei seduto con noi a chiacchierare, perché stare in piedi pareva brutto.
È bastato pochissimo per diventare amici con te, Daniela e Indira. E Alice ogni tanto.
Poi vi abbiamo lasciato le nostre figlie d’estate e siete diventati la “mamma buona” e Eugenio grande, ché era arrivato anche quello piccolo, detto però Pinolo, per un disegno di Blanca…
Sono arrivati i nostri amici e i vostri amici. Ma anche un aneurisma, un tumore ed un infarto, e poi insieme, quando tutto è andato a posto, ridendo avete fatto la macchina dei miracolati, per andare al ristorante in un una sera freddissima.
A quel punto eravamo famiglia. Perché è questo modo di stare insieme che ti rende famiglia, non lo stare vicini, ma facendosi bastare il tempo passato insieme, e sapendo che quando è importante si è pronti. Su quel lungo tavolo di marmo storto e giusto così e la stufa che andava, si raccontavano le nostre storie, ci siamo dati consigli e in molti casi affidati a un destino che non immaginavamo così intrecciato.
Le adolescenze vissute credendoci adulti, tu orfano, io come se.
Forse è per questo che non ci serviva parlare, ma ci bastava un’occhiata di complicità per metterci a fare: il pane, le grigliate o cinque chili di alici sotto sale. Per imparare e scoprire che tutto è facile.
Tu parlavi con i tuoi cani e ti sdraiavi con loro a giocare, o prendevi in braccio le tue oche e tuoi gatti che ti cercavano la notte. Io mi facevo bastare e mi divertivo a interpretare i loro pensieri. Perché per te e per noi, Marta, Franconero, Fanta, Panico e Ugo sono nomi di persona. In tutti i sensi.
E Franconero lo sapeva, si faceva bello e usciva per andare al bar o far la corte alle commesse del supermarket. Sapeva di esser bello, anzi bellissimo. E se n’è andato per primo.
Il ritorno dalla Spagna, con Rebecca che sarebbe partita per la Turchia e il papà di Pinolo che dalla Turchia non è più tornato.
Te ne sei andato l’11 alle 11, nei 18 anni di Rebecca.
Tu e Marco, papà per sempre, di famiglie molto grandi.